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Personalità Giuridica Privata con Decreto del Presidente Regione Toscana n°4629, del 28/09/2009

 

Newsletter n°1

 

La demenza: diagnosi tempestiva e trattamenti terapeutici - di Iole Zilli

Il 21 settembre scorso, in occasione della celebrazione della XVI Giornata Mondiale Alzheimer, si è svolto un convegno sulla demenza patrocinato dalla Società della Salute di Firenze e dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Firenze. Il convegno ha avuto luogo presso il Libero Caffè Alzheimer – Libreria Libri Liberi in Via San Gallo 25R a Firenze – e si è aperto alle 9.30 con la presentazione di Manlio Matera, Vice Presidente dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA). Matera ha spiegato che la scelta di questa sede è un tributo al Libero Caffè Alzheimer, una iniziativa fortemente voluto dall’AIMA e dall’associazione culturale Libri Liberi. L’idea di un “caffè” che fosse il luogo di incontro per persone affette da demenza e per i loro familiari è nata in Olanda e si è poi diffusa in altri paesi europei, oggi anche in Italia. A Firenze il Libero Caffè Alzheimer è una realtà grazie all’iniziativa dell’AIMA, della Fondazione Vincenzo Chiarugi della Misericordia di Empoli e dell’associazione Libri Liberi, con il patrocinio del Quartiere 1 del Comune di Firenze e della Società della Salute. Il Vice Presidente dell’AIMA ha illustrato le finalità del Libero Caffè Alzheimer chiarendo che questo non si presenta come un surrogato di servizi già attivati nell’area fiorentina come, ad esempio, il centro ascolto dell’AIMA. Si propone, invece, di costituire “una palestra” delle relazioni interpersonali, un luogo di incontro dove malati e familiari svolgono attività insieme in un ambiente favorevole e stimolante. Allo stesso tempo, si prefigge di creare una “occasione” per l’inclusione sociale di persone non autosufficienti e abbattere lo stigma sociale che si costituisce intorno ai malati e a chi se ne occupa, per “non confondere la malattia con la persona”.

Il convegno è proseguito con i saluti delle cariche istituzionali la cui attività è strettamente legata al tema del convegno. Ha aperto questo spazio Stefania Saccardi, Assessore alle Politiche Sociosanitarie del Comune di Firenze, che ha testimoniato la vicinanza all’AIMA e al Libero Caffè Alzheimer. Attraverso l’istituzione della Società della Salute, ha spiegato l’Assessore, si auspica la personalizzazione degli interventi per i malati e l’aumento dei nuclei specializzati per la malattia di Alzheimer. Ai saluti si è aggiunto Antonio Panti, Presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, che ha illustrato come l’approccio alla malato dovrebbe essere “complesso” e interessare tanto l’aspetto sanitario quanto e la sfera sociale: la demenza, infatti, non è subita e sopportata solo dal paziente. Ben vengano quindi, ha continuato Panti, manifestazioni come quella del Libero Caffè Alzheimer che creano una rete intorno alle persone affette da demenza e alle loro famiglie; non ci si può limitare ad essere fieri delle cosiddette “eccellenze”, ma occorre valorizzare l’opera di chi cerca di accogliere i bisogni quotidiani dei malati e delle loro famiglie. Ha sottolineato, poi, l’importanza della diagnosi precoce da parte del medico di base che dovrebbe cogliere quelle piccole variazioni nel comportamento di un individuo, allo scopo di intervenire tempestivamente e rallentare, così, gli effetti negativi della progressiva degenerazione che caratterizza la demenza. Altro aspetto cruciale sollevato dal Presidente è l’abbattimento delle disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni, lacune ridotte grazie ai tanti sforzi rivolti in questo senso ma non ancora colmate. Infine, l’auspicio della rielaborazione delle linee guida per il trattamento della demenza affinché ci si prenda cura anche delle famiglie dei malati e non si tralascino i diversi contributi possibili. È stato quindi il turno di Riccardo Poli, Direttore della Società della Salute di Firenze, che ha descritto la scommessa lanciata dalla Regione Toscana nell’adeguare i servizi alla salute. Ha spiegato, quindi, le finalità della Società della Salute, ossia quelle di uno strumento in grado di “fornire risposte integrate ad un sistema complesso”. Un’integrazione che deve far fronte alla complessità che è dentro al paziente. Un’integrazione a più livelli. Un’integrazione a livello istituzionale, tra i Comuni e le ASL e all’interno dei diversi servizi offerti dalle stesse ASL e dai Comune. Un’integrazione a livello gestionale, perché se le responsabilità sono diffuse è difficile capire a chi rivolgersi. Un’integrazione a livello professionale che raccordi le attività di infermieri, medici, assistenti sociali, educatori ecc. … L’effetto desiderato è promuovere la “domiciliarità”: ossia far scendere la lista d’attesa per l’accesso alle Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) attraverso il sostegno alla famiglia del paziente, affinché questi possa rimanere nella sua casa il più a lungo possibile. Non bisogna limitarsi ad offrire l’alternativa RSA/badante, ha continuato Poli, ma ampliare la gamma di proposte e accorciare i tempi di attesa tra la richiesta e l’accoglimento dell’istanza. Gli obiettivi illustrati da Poli possono dunque essere riassunti in tre parole chiave: tempestività della risposta, chiarezza e semplicità.

Ai saluti è seguito l’intervento Patrizio Nocentini, Dirigente del Settore Integrazione Sociosanitaria e non Autosufficienza della Regione Toscana. Il primo argomento che ha affrontato è quello della disponibilità del Fondo regionale per la non autosufficienza e ha subito confermato lo stanziamento di 80 milioni di euro per il 2009 e della stessa cifra per il 2010, con o senza la disponibilità del finanziamento statale. Ha avvertito che la sua preoccupazione sarà quella di controllare che questo denaro sia speso tutto e che sia speso bene, dando la priorità alla non autosufficienza affinché le politiche assistenziali per la demenza abbiano finalità anche curative e non di mera assistenza. Ha precisato, inoltre, che più del 50% del fondo è destinato ai servizi diversi dalla istituzionalizzazione che, in linea con quanto auspicato da Poli, dovrebbero incoraggiare e supportare la permanenza dei pazienti nella propria abitazione. Le criticità più importanti identificate da Nocentini sono la tempestività della diagnosi, ad opera dei presidi specialistici, e la tempestività della presa in carico da parte dei presidi ospedalieri. Un altro problema sollevato ha riguardato i servizi di lunga assistenza nel contesto della residenzialità che, a fronte di costi elevatissimi, potrebbero non avere l’utilità sperata. A questo proposito Nocentini si è interrogato sulla possibilità di rivedere i nuclei residenziali specializzati per i pazienti con demenza, proponendo di verificare la corrispondenza tra ciò che era nelle intenzioni e ciò che è stato effettivamente ottenuto; in altre, ha invitato a riflettere sulla possibilità di “ripensare” i nuclei specializzati e di valutare la loro effettiva utilità prima di decidere di aumentarne il numero.

La prima relazione in programma è stata quella di Carlo Adriano Biagini, dell’U.O. Geriatria Asl 3 di Pistoia. Nella sua comunicazione, dal titolo “diagnosi e terapia”, il medico ha sottolineato l’esplosione della demenza da un punto di vista epidemiologico. Questo, ha spiegato, è dovuto in larga parte all’allungamento dell’aspettativa di vita: l’età, infatti, rappresenta un forte fattore di rischio per lo sviluppo della demenza. Successivamente, Biagini ha fornito dei cenni di carattere introduttivo sulla demenza. Questa malattia coinvolge solitamente diverse funzioni cognitive, causando deficit multipli a carico, ad esempio, della memoria e del linguaggio, con un impatto sulla funzione quotidiana. Tenendo presente che il livello di funzionamento cognitivo può essere descritto lungo un continuum, ad un estremo si trova il funzionamento normale e all’estremo opposto la demenza grave. Tra questi due estremi si può osservare una lieve compromissione del funzionamento che in gergo scientifico va sotto il nome Mild Cognitive Impairement (MCI). Dapprima questa etichetta serviva per descrivere un quadro clinico con soli deficit mnesici, oggi è utilizzata per descrivere una compromissione lieve a carico di qualsiasi funzione cognitiva. La diagnosi di MCI spesso precede quella di demenza grave. Biagini ha continuato spiegando che è indispensabile fare gli sforzi necessari per diagnosticare la demenza in fase precoce, finanche in fase preclinica o asintomatica, ad esempio allertandosi per i disturbi mnesici che persistono da meno di 6 mesi e controllando la loro eventuale associazione con altri biomarker. Infatti, una diagnosi tanto precoce comporterebbe indubbi vantaggi. Tra questi troviamo la possibilità di intervenire sugli effetti reversibili della malattia, di rallentare il processo di deterioramento cognitivo e di attuare le misure necessarie per affrontare la malattia quando il paziente è in grado di “scegliere” le strategie per lui più opportune, piuttosto che “subirle” quando la sua capacità critica e di giudizio è ormai compromessa. Riuscire ad identificare i segnali della demenza in fase precoce ha, inoltre, un indubbio vantaggio dal punto di vista clinico. All’inizio della malattia le lesioni anatomiche associate alla demenza sono ben localizzate e corrispondono ad una costellazione di sintomi comportamentali ben definiti. Questo facilita una corretta identificazione il tipo di demenza e, di conseguenza, permette di individuare la terapia più efficace. Secondo Biagini occorrerebbe abolire il termine “demenza senile”, perché fuorviante: infatti, non è l’età per sé a causare la demenza; l’età è solo un fattore di rischio, sarebbe più giusto chiamarla “demenza ad esordio senile”. Altri fattori di rischio per la demenza sono il parkinsonismo e la depressione. Spesso, infatti, al parkinsonismo si associa la demenza. Mentre la relazione tra demenza e depressione è molto più complessa. A volte una forte depressione può essere tanto grave da mimare la demenza: in questo caso ci troviamo di fronte alla cosiddetta “pseudo-demenza”, da cui si può guarire! Se da una parte può esserci una demenza non associata a depressione e, viceversa, una depressione non associata a demenza, d’altra parte è spesso possibile osservare un quadro clinico più complesso in cui alla demenza è associato un disturbo depressivo o, addirittura una depressione maggiore. In questi casi è estremamente importante rilevare la presenza del disturbo dell’umore e trattarlo perché questo peggiora notevolmente il quadro clinico. Infine, Biagini ha sollevato il problema del trattamento dei disturbi comportamentali che spesso caratterizzano la demenza. Nel caso in cui i disturbi comportamentali del paziente affetto da demenza sono numerosi, un approccio farmacologico potrebbe non rivelarsi il più adatto: gli importanti effetti collaterali e gli effetti avversi, molto frequenti nel trattamento di comorbilità, potrebbero costituire una seria controindicazione. In questi casi più che in altri la famiglia del paziente riveste un duplice ruolo, quello di “vittima” della malattia assieme al paziente demente e, contemporaneamente, quello di preziosa “risorsa” per il paziente stesso.

La seconda relazione in programma è stata quella di Carlo Valente, in forza all’U.O. Asl 4 di Prato, che ha illustrato i sintomi cognitivi nei casi di demenza e il loro trattamento, sottolineando che la memoria episodica e quella procedurale sono due “pilastri” su cui si sono incentrati gli interventi. Ha fornito, inoltre, un elenco di pratiche preziose per migliorare la qualità di vita paziente, tra cui: adattare l’ambiente dove vive; fornirgli informazioni utili per orientarsi nello spazio e riconoscere le persone che lo circondano; stimolare l’uso delle funzioni cognitive attraverso la programmazione di diverse attività; mantenere delle routine ed evitare di sostituirsi a lui nello svolgimento delle incombenze quotidiane o, più generalmente, nelle azioni che potrebbe svolgere in autonomia. Una grave lacuna sottolineata da Valente è l’assenza di strumenti che valutino la capacità critica e di giudizio. Questo avrebbe importanti implicazioni etiche; potrebbe permettere di accertare quanto il paziente è in grado di “intendere e volere”. Alla fine della sua relazione, Valente ha proceduto con una carrellata delle tecniche utilizzate per il trattamento della demenza e le rispettive opportunità di applicazione. Ha commentato i risultati ottenuti attraverso la terapia dell’orientamento alla realtà (Reality Orientation Therapy, ROT), la terapia della reminescenza (Remember Therapy), la terapia della validazione (Validation Therapy), ecc. … Infine, ha citato le arti-terapie e altre metodiche che, nonostante il loro potenziale contributo, non sono state ancora adeguatamente validate, sottolineando quindi la necessità di intraprendere studi che producano evidenze scientifiche della loro efficacia.

La relazione successiva è stata quella di Maristella Piccininni, dell’A.O.U. Careggi di Firenze, che ha descritto il trattamento farmacologico dei sintomi comportamentali e psicologici del paziente demente.

Ha concluso la sessione la relazione di Monica Marini, dell’U.O. Geriatria Asl 3 di Pistoia, che ha trattato le questioni “difficili” che spesso deve affrontare chi si occupa della gestione degli ospiti nelle RSA. In queste strutture, infatti, più del 40% degli ospiti sono affetti da demenza grave e l’assistenza infermieristica dovrebbe poter contare su una preparazione trasversale, che includa competenze cliniche, etiche e relazionali. Spesso, invece, la situazione di continua carenza di personale e l’ageism, ossia quell’atteggiamento negativo nei confronti dell’anziano, che sfocia spesso in un comportamento di discriminazione e di evitamento, sono elementi di criticità che precludono agli ospiti la possibilità di avere un’assistenza qualificata che li aiuti ad affrontare con dignità la fase terminale della loro vita.

Le attività del convegno sono proseguite nel corso del pomeriggio con la presentazione di casi clinici, che ha dato la possibilità a medici, infermieri e alle altre figure professionali presenti di confrontarsi e aprire un dibattito sulle procedure seguite nella “cura”, nel senso più ampio del suo significato, di chi è affetto da demenza.

On line in data: 22 ottobre 2009

 

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